La guerra delle piazze

Il dibattito democratico sulla “movida” nelle città universitarie segue copioni simili da anni. Si struttura cioè come un dibattito tra residenti e commercianti, con in mezzo la polizia a indirizzare le folle notturne secondo delle (mutevoli) linee di indirizzo cittadine. L’indicazione che sembra arrivare non è (solo) quella di massimizzare il profitto, ma di rendere la città del tutto funzionale: a ogni segmento di popolazione uno scopo, e una dialettica tra le parti che mantenga questa funzionalità dei vari soggetti.

A Bologna il teatrino passa per i comitati dei residenti che chiedono silenzio e ordine, e si occupano in prima persona di rimuovere le scritte sui muri e altri segni della ingombrante eccedenza studentesca. Allo stesso tempo, i commercianti colgono l’occasione data dalle norme pandemiche per estendere i loro dehors su sempre maggiori porzioni di suolo. Il messaggio è che le bevute da seduti, sono più “decenti” e portano vantaggio ai ristoratori, dunque vengono accettate dai comitati di residenti all’interno di uno schema stringente: coi commercianti si tratta, ci si azzuffa, ci si confronta negli organi democratici; l’importante è costruire una Politica da cui viene esclusa la fondamentale componente studentesca (da intendere qui nel senso di fondamenta, basilare per la costruzione della città-universitaria bolognese). Perché studenti e studentesse in quest’equazione non compaiono se non come variabile monetaria, da cui i vari attori cittadini (aggiungiamoci anche l’Università) estraggono cospicui introiti. Continua a leggere La guerra delle piazze