La guerra delle piazze

Il dibattito democratico sulla “movida” nelle città universitarie segue copioni simili da anni. Si struttura cioè come un dibattito tra residenti e commercianti, con in mezzo la polizia a indirizzare le folle notturne secondo delle (mutevoli) linee di indirizzo cittadine. L’indicazione che sembra arrivare non è (solo) quella di massimizzare il profitto, ma di rendere la città del tutto funzionale: a ogni segmento di popolazione uno scopo, e una dialettica tra le parti che mantenga questa funzionalità dei vari soggetti.

A Bologna il teatrino passa per i comitati dei residenti che chiedono silenzio e ordine, e si occupano in prima persona di rimuovere le scritte sui muri e altri segni della ingombrante eccedenza studentesca. Allo stesso tempo, i commercianti colgono l’occasione data dalle norme pandemiche per estendere i loro dehors su sempre maggiori porzioni di suolo. Il messaggio è che le bevute da seduti, sono più “decenti” e portano vantaggio ai ristoratori, dunque vengono accettate dai comitati di residenti all’interno di uno schema stringente: coi commercianti si tratta, ci si azzuffa, ci si confronta negli organi democratici; l’importante è costruire una Politica da cui viene esclusa la fondamentale componente studentesca (da intendere qui nel senso di fondamenta, basilare per la costruzione della città-universitaria bolognese). Perché studenti e studentesse in quest’equazione non compaiono se non come variabile monetaria, da cui i vari attori cittadini (aggiungiamoci anche l’Università) estraggono cospicui introiti. Continua a leggere La guerra delle piazze

I nuovi modi per speculare sulla ricerca casa

Il prezzo degli affitti è esploso a Bologna. L’anno di pandemia è stato utilizzato dai proprietari per ristrutturare gli appartamenti e adattarli alla svolta turistica che sta conquistando il centro cittadino; il sostegno del comune ha permesso di contenere la flessione dei prezzi, che di fatto è stata un plateau e non una flessione[1], e il ritorno in presenza dell’università (e, più in generale, la possibilità di un ritorno alla vita bolognese “normale”, con bar e commerci aperti, nessun coprifuoco, ecc.) ha trasformato un problema storico in una catastrofe.

Non è difficile conoscere persone che vivono per mesi sul divano di amic*: cercare casa è un girone infernale e gli abusi, diretti o indiretti, si sprecano. Il lato pratico di questa situazione è sotto gli occhi di tutt*: i gruppi di annunci sui social sono intasati, bisogna essere preparat* all’istante altrimenti l’offerta scompare e chiamare dopo mezz’ora significa andare incontro quasi sicuramente a un “no, la casa è già presa”. Cercare di orientarsi in questo caos è difficile, frustrante e profondamente ingiusto.

In mezzo a questa confusione, una serie di agenzie immobiliari di tipo nuovo, che lavorano in maniera più informale, è apparsa sulla scena bolognese (ma, come vedremo, questa non è l’unica città in cui operano). Chiariamolo subito: non faremo nomi in questo articolo, le informazioni sono state ottenute con chiacchiere di alcune persone a conoscenza dei fatti o che hanno lavorato per una di queste agenzie: non ci interessa qui accusare formalmente e, in tutta sincerità, non abbiamo certo i mezzi per difenderci da eventuali querele. Ci limiteremo a descrivere un fenomeno, che può essere tratteggiato in poche parole.

Nella confusione e intasamento informativo che caratterizza un momento così difficile, alcune piccole agenzie si fanno pagare profumatamente per i loro servizi, senza però avere alcun rapporto diretto o di esclusività coi proprietari: quello che realmente fanno, è fingere questo immediato rapporto con i padroni, quando in realtà si limitano a riordinare e selezionare gli annunci esistenti e circolanti nei vari siti, social, ecc…

Foto dal centro documentazione dei movimenti Lorusso-Giuliani, fondo Valerio Monteventi, presso Vag61

Continua a leggere I nuovi modi per speculare sulla ricerca casa

ALMA MATER DECORUM

Scaravilli is the new piazza Verdi

Aprendo il sipario che celava i lavori in corso, la scena apparsa è stata più grottesca del previsto anche per gli standard di decorosa e redditizia riqualificazione a cui i vari registi felsinei dell’horror vacui urbano ci avevano abituato. Non era inusuale negli ultimi anni attraversare distrattamente via Zamboni e notare il periodico spuntare in piazza Scaravilli (proprietà dell’Alma Mater) di nuovi arredamenti e strutture architettoniche, scelte più o meno felici a seconda dei casi, che andavano ad incidere in varia misura sulle posture sociali da assumere nel vivere tutti i giorni questo spazio. Ad ogni modo, quel rettangolo di cemento circondato da portici, nonostante la propria generale subalternità rispetto a Piazza Verdi, sembrava mantenere alcune prerogative costanti come luogo di aggregazione diurna e notturna: chiunque abbia frequentato la zona può facilmente ripescare ricordi delle innumerevoli pause pranzo, svaghi pomeridiani, confusioni serali, attività di gruppo più svariate, feste Erasmus, musica e coriandoli con generazione di relativi sentimenti contrastanti eccetera eccetera. Tutto questo fino allo scorso inverno, quando in pieno coprifuoco e con Piazza Verdi transennata a tempo pieno e presidiata da pattuglie di vario genere, piazza Scaravilli si era ritrovata a ricoprire l’insolito ruolo di raccoglitore e catalizzatore di quel magma di bisogni di socialità che non era più possibile esprimere altrove. Nella città deserta quel luogo pareva essere diventato una zona franca dove riunirsi e (senza che stiamo qui ad imbastire ipocrisie di sorta) fare festa; questo almeno fino a quando le volanti, dopo qualche giro di avvertimento, non si fossero fermate riprendendo il controllo della piazza e facendo defluire i presenti verso via Belle Arti. In tutto questo, proprio mentre le maggiori testate italiane inchiodavano il dibattito pubblico pandemico sulla croce della gioventù irresponsabile, da qualche meandro imprecisato dell’Unibo echeggiava la voce del consiglio degli studenti a richiedere l’istituzione di sanzioni disciplinari nei confronti di chi venisse beccato in flagranza di assembramento [di questo abbiamo già trattato qui: https://unincubo.noblogs.org/contraddizioni/rappresentanza/#more-85]. È in questo contesto quindi, quando sui muri si constatava che “Scaravilli is the new Piazza Verdi” e che “sono le 22:00 passatissime”, che a febbraio anche lì si sono materializzati recinti e transenne, destinati a segnare tutta la primavera a seguire fra lunghi periodi di vuoto e brevi scorci di riappropriazione della piazza con l’approssimarsi dell’estate. Questi sarebbero per sommi capi gli ultimi sprazzi di vita di questo luogo per come lo abbiamo conosciuto, perché a partire dal 17 giugno, impenetrabili alla vista, sono iniziati i lavori di rinnovamento, disvelatisi a noi comuni mortali nella loro forma finale solo dal 9 di ottobre in occasione dell’inaugurazione ufficiale. L’accoglienza della nuova Corte della luce di piazza Scaravilli, pensata «per favorire una migliore fruizione dello spazio da parte di studenti e cittadini» e, più precisamente, «​​​​​​​per promuovere e potenziare l’utilizzo di questo spazio nel cuore della cittadella universitaria bolognese», è stata in realtà a detta di molt* student* un grande flop. Sarà perché di promozione e cambiamenti non aveva bisogno, sarà per l’ingente spesa di 770mila euro che ha richiesto l’intervento, oppure perché adesso la piazza sembra semplicemente più brutta di prima e meno ospitale alla sera a causa delle proiezioni e delle luci colorate, fatto sta che le reazioni dell* student*, piuttosto che di gioia, sono state segnate da un significativo malcontento. Cerchiamo di capire il perché. Continua a leggere ALMA MATER DECORUM