I nuovi modi per speculare sulla ricerca casa

Il prezzo degli affitti è esploso a Bologna. L’anno di pandemia è stato utilizzato dai proprietari per ristrutturare gli appartamenti e adattarli alla svolta turistica che sta conquistando il centro cittadino; il sostegno del comune ha permesso di contenere la flessione dei prezzi, che di fatto è stata un plateau e non una flessione[1], e il ritorno in presenza dell’università (e, più in generale, la possibilità di un ritorno alla vita bolognese “normale”, con bar e commerci aperti, nessun coprifuoco, ecc.) ha trasformato un problema storico in una catastrofe.

Non è difficile conoscere persone che vivono per mesi sul divano di amic*: cercare casa è un girone infernale e gli abusi, diretti o indiretti, si sprecano. Il lato pratico di questa situazione è sotto gli occhi di tutt*: i gruppi di annunci sui social sono intasati, bisogna essere preparat* all’istante altrimenti l’offerta scompare e chiamare dopo mezz’ora significa andare incontro quasi sicuramente a un “no, la casa è già presa”. Cercare di orientarsi in questo caos è difficile, frustrante e profondamente ingiusto.

In mezzo a questa confusione, una serie di agenzie immobiliari di tipo nuovo, che lavorano in maniera più informale, è apparsa sulla scena bolognese (ma, come vedremo, questa non è l’unica città in cui operano). Chiariamolo subito: non faremo nomi in questo articolo, le informazioni sono state ottenute con chiacchiere di alcune persone a conoscenza dei fatti o che hanno lavorato per una di queste agenzie: non ci interessa qui accusare formalmente e, in tutta sincerità, non abbiamo certo i mezzi per difenderci da eventuali querele. Ci limiteremo a descrivere un fenomeno, che può essere tratteggiato in poche parole.

Nella confusione e intasamento informativo che caratterizza un momento così difficile, alcune piccole agenzie si fanno pagare profumatamente per i loro servizi, senza però avere alcun rapporto diretto o di esclusività coi proprietari: quello che realmente fanno, è fingere questo immediato rapporto con i padroni, quando in realtà si limitano a riordinare e selezionare gli annunci esistenti e circolanti nei vari siti, social, ecc…

Foto dal centro documentazione dei movimenti Lorusso-Giuliani, fondo Valerio Monteventi, presso Vag61

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ALMA MATER DECORUM

Scaravilli is the new piazza Verdi

Aprendo il sipario che celava i lavori in corso, la scena apparsa è stata più grottesca del previsto anche per gli standard di decorosa e redditizia riqualificazione a cui i vari registi felsinei dell’horror vacui urbano ci avevano abituato. Non era inusuale negli ultimi anni attraversare distrattamente via Zamboni e notare il periodico spuntare in piazza Scaravilli (proprietà dell’Alma Mater) di nuovi arredamenti e strutture architettoniche, scelte più o meno felici a seconda dei casi, che andavano ad incidere in varia misura sulle posture sociali da assumere nel vivere tutti i giorni questo spazio. Ad ogni modo, quel rettangolo di cemento circondato da portici, nonostante la propria generale subalternità rispetto a Piazza Verdi, sembrava mantenere alcune prerogative costanti come luogo di aggregazione diurna e notturna: chiunque abbia frequentato la zona può facilmente ripescare ricordi delle innumerevoli pause pranzo, svaghi pomeridiani, confusioni serali, attività di gruppo più svariate, feste Erasmus, musica e coriandoli con generazione di relativi sentimenti contrastanti eccetera eccetera. Tutto questo fino allo scorso inverno, quando in pieno coprifuoco e con Piazza Verdi transennata a tempo pieno e presidiata da pattuglie di vario genere, piazza Scaravilli si era ritrovata a ricoprire l’insolito ruolo di raccoglitore e catalizzatore di quel magma di bisogni di socialità che non era più possibile esprimere altrove. Nella città deserta quel luogo pareva essere diventato una zona franca dove riunirsi e (senza che stiamo qui ad imbastire ipocrisie di sorta) fare festa; questo almeno fino a quando le volanti, dopo qualche giro di avvertimento, non si fossero fermate riprendendo il controllo della piazza e facendo defluire i presenti verso via Belle Arti. In tutto questo, proprio mentre le maggiori testate italiane inchiodavano il dibattito pubblico pandemico sulla croce della gioventù irresponsabile, da qualche meandro imprecisato dell’Unibo echeggiava la voce del consiglio degli studenti a richiedere l’istituzione di sanzioni disciplinari nei confronti di chi venisse beccato in flagranza di assembramento [di questo abbiamo già trattato qui: https://unincubo.noblogs.org/contraddizioni/rappresentanza/#more-85]. È in questo contesto quindi, quando sui muri si constatava che “Scaravilli is the new Piazza Verdi” e che “sono le 22:00 passatissime”, che a febbraio anche lì si sono materializzati recinti e transenne, destinati a segnare tutta la primavera a seguire fra lunghi periodi di vuoto e brevi scorci di riappropriazione della piazza con l’approssimarsi dell’estate. Questi sarebbero per sommi capi gli ultimi sprazzi di vita di questo luogo per come lo abbiamo conosciuto, perché a partire dal 17 giugno, impenetrabili alla vista, sono iniziati i lavori di rinnovamento, disvelatisi a noi comuni mortali nella loro forma finale solo dal 9 di ottobre in occasione dell’inaugurazione ufficiale. L’accoglienza della nuova Corte della luce di piazza Scaravilli, pensata «per favorire una migliore fruizione dello spazio da parte di studenti e cittadini» e, più precisamente, «​​​​​​​per promuovere e potenziare l’utilizzo di questo spazio nel cuore della cittadella universitaria bolognese», è stata in realtà a detta di molt* student* un grande flop. Sarà perché di promozione e cambiamenti non aveva bisogno, sarà per l’ingente spesa di 770mila euro che ha richiesto l’intervento, oppure perché adesso la piazza sembra semplicemente più brutta di prima e meno ospitale alla sera a causa delle proiezioni e delle luci colorate, fatto sta che le reazioni dell* student*, piuttosto che di gioia, sono state segnate da un significativo malcontento. Cerchiamo di capire il perché. Continua a leggere ALMA MATER DECORUM

Gaudeamus igitur

Dopo un anno e mezzo di quella che sembra essere un’interminabile pandemia, dagli spiragli lasciati tra una prenotazione su Affluences e un corso sulle competenze trasversali, si vede una luce. Una luce, bianca, quasi divina.

«Godiamo, ordunque!» E quale migliore occasione per farlo se non la nomina di un importante docente dell’Università ad una delle sempre più ambite cariche del Comune?

Raffaele Laudani, professore ordinario di Storia delle Dottrine Politiche ed ex-Presidente della Fondazione Innovazione Urbana (dimissionario, in quanto accetta il nuovo incarico) è stato nominato dal neo-sindaco Matteo Lepore (udite, udite!)

Assessore del comune di Bologna con delega all’Urbanistica, ai Rapporti con università e centri ricerca e alla Città della conoscenza.

Laudani non è nuovo alle collaborazioni con il Comune di Bologna, infatti, oltre ad aver ricoperto il ruolo di presidente della Fondazione Innovazione Urbana, nell’aprile del 2020 era stato scelto per far parte del gruppo di 8 esperti “saggi” per il rilancio post-emergenza del Comune di Bologna con delega, ovviamente, all’Università.

Probabilmente nessuno, ad aprile 2020 avrebbe potuto immaginare che la pandemia non sarebbe finita in pochi mesi e che ancora oggi ci ritroviamo a che fare con questa situazione. Ma come dice Confucio “L’uomo saggio agisce prima di parlare ed in seguito parla secondo la sua azione.”

E Laudani ha agito prima di parlare. E la sua azione è stata talmente impegnativa e profonda che il Professore si è addirittura dimenticato di comunicare cosa aveva ingegnato.

Ma del resto, siamo qui per scrivere un augurio e l’elogio delle sue imprese è giusto che lo facciamo noi, ricostruendo con perizia tutto ciò che il nostro saggio ha fatto.

Lunedì 8 febbraio 2021 infatti, nasce Salaborsa Popup, una sala studio temporanea, gestita da Biblioteca Salaborsa e allestita all’interno della Sala degli Atti di palazzo Re Enzo. L’aula contiene 40 postazioni per studiare.

Non lo sapevate eh? Neanche noi. Ma non si può essere sempre sul pezzo.

Dove andate? No no, fermi, l’aula ha chiuso i battenti il 28 maggio 2021. Andate a cercare posto da un’altra parte (AHAHAH).

Lunedì 3 Maggio 2021 però il prode Laudani ne fa un’altra e all’interno di DumBO (spazio di rigenerazione urbana temporanea, sic!) di via Casarini 19 (sì vabbè non è in centro, ma che cazzo volete sempre a lamentarvi?) apre la Biblioteca Borges Popup. Il posto – allacciate le cinture – conterrà ben 15, quindici, 1 – 5, posti a sedere e sarà aperta nei mesi di maggio, giugno e luglio.

Doveroso riportare alcune dichiarazioni in merito. Matteo Lepore, al tempo assessore comunale parla di “impegno verso i tanti studenti che abitano la nostra città offrendo loro un nuovo spazio con la biblioteca Borges a DumBO. Si tratta di un altro luogo dedicato allo studio e alla lettura, un altro tassello verso la costruzione di una grande biblioteca diffusa su tutti i territori. L’egregio Professor Laudani parla del primo “co-studying italiano” e di un aula studio aperta 24 ore su 24 (sebbene in realtà questa segua gli orari della Biblioteca Borges, ossia quelli di una normale biblioteca comunale). Infine Andrea Giotti, il Ceo di Open Event (non ci interessa approfondire né chi è lui, né cosa cazzo sia Open Event) dichiara: “ Officina metropolitana per il nuovo lavoro, il mutualismo e l’economia collaborativa’ con cui vogliamo favorire la commistione tra mondo creativo, università e imprese in un’ottica di scambio e contaminazione intellettuale. Continuiamo così il nostro percorso volto a costruire collaborazioni con le realtà del territorio, mettendo a disposizione della biblioteca una sala dove leggere e studiare, in sicurezza”.

Tranquillo Giotti, sarà sicuramente in sicurezza, il Covid non pensa minimamente di avvicinarsi ad una sala con soli 15 merdosi posti, lui, almeno lui, punta più in alto.

Dovremmo essere disgustati per il fatto che la cerniera tra Università e Comune di Bologna si presti a queste pagliacciate sottostimando, o meglio ignorando, i reali bisogni degli studenti.

Dovremmo essere incazzati per il fatto che il mediatore fra Università e Comune, ed ex Presidente della Fondazione Urbana, sia stato completamente inutile (assieme ai suoi questionari) nel risolvere la questione abitativa a Bologna

Dovremmo essere furibondi nei confronti di chi crea questi specchietti per le allodole per distogliere lo sguardo dai problemi strutturali dell’Università.

Però no, oggi no, oggi è la sua festa.

Ma a breve, un’altra festa, gliela facciamo noi.

Un caro saluto

P.S. Ma il “co-studying”, precisamente, che cazzo è?

L’Università indigesta. Note da un’inchiesta

Dall’articolo di Francesco Pezzulli, pubblicato il 24 marzo 2021 su MACHINA.

“Togliere il diletto agli studi è un danno per il genere umano scriveva Leopardi. Ed oggi che l’università vive in funzione del grado di occupabilità dei suoi studenti il disastro è compiuto e il diletto scomparso. Ciò che resta della comunità di allievi e maestri sono le macerie entro le quali si muovono, primi e secondi, sempre più frastornati dai nuovi tempi, ritmi e spazi che le riforme universitarie hanno dettato.”

https://www.machina-deriveapprodi.com/post/l-universit%C3%A0-indigesta-note-da-un-inchiesta

Lo Spazio securitario: vite urbane fra estetica e potere

Nel tentativo di dire qualcosa circa ciò che identifichiamo col nome di “spazio urbano”, un possibile approccio potrebbe muovere il primo passo con uno spostamento di accento sul piano semantico: l’utilizzo del sostantivo “spazio” in questo caso sembra evocare qualcosa in sé di già preventivamente dato, come una tela bianca da riempire di segni, o un palcoscenico su cui si avvicendano i personaggi che di volta in volta appaiono nel delineare le vicende umane.

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